Cobalto il petrolio del futuro. Chi paga il prezzo della tecnologia

In Congo, accanto al commercio ufficiale di cobalto, esiste anche un mercato illegale, dove le vittime sono gli estrattori improvvisati e i loro figli…

Il Washington Post denunciò già nel 2016 le condizioni dei lavoratori del Congo, luogo da cui si estrae gran parte del materiale, componente cardine delle batterie agli ioni di litio indispensabili per il funzionamento dei nostri amati cellulari. Batterie e cobalto:

Queste batterie hanno un ruolo sempre più importante per l’economia mondiale. Danno energia ai nostri smartphone e a breve saranno il cuore della rivoluzione rappresentata dalle auto elettriche. I materiali alla base di queste batterie sono molto ricercati. In particolare c’è fame di cobalto, un componente chiave per realizzare il catodo, il polo negativo della batteria. Si stima che la batteria di uno smartphone contenga dai 5 ai 10 grammi di cobalto raffinato, mentre una batteria per auto elettriche può contenerne fino a 15 chili. Secondo le previsioni di Benchmark Mineral Intelligence la domanda mondiale di cobalto, già triplicata negli scorsi cinque anni, raddoppierà entro il 2020.

Il boom dell’auto elettrica suscita grandi aspettative:

Al pari delle prospettive di Tesla Motors, l’azienda californiana fondata da Elon Musk, considerata fra le più innovative al mondo e la cui capitalizzazione è arrivata a sfiorare i 45 miliardi di dollari sebbene nella sua storia non abbia mai chiuso un bilancio in utile.

Il Congo è uno stato poverissimo, malgrado sia tanto ricco di materie prime e risorse mineraria al centro degli interessi di moltissimi invertitori internazionali. Gli ufficiali governativi non hanno quindi le risorse per risolvere, o quantomeno occuparsi, del problema. Se a questo si aggiungono gli interessi di una superpotenza, la Cina, che anche in casa propria fatica a rispettare tutti i diritti dei lavoratori, il quadro si tramuta in un inferno dantesco, all’ombra di una civiltà occidentale che è complice nel momento in cui distoglie lo sguardo. Il reportage del Washington Post è un colpo al cuore, di quelli che fanno passare la voglia di acquistare l’ultimo gingillo tecnologico.

Tra miniere ufficiali e minatori improvvisati, si stima che siano 100.000 le persone che scavano con strumenti rudimentali, senza supervisione e misure di sicurezza. Ci sono inoltre migliaia di bambini a partire da 7 anni (Amnesty International parla di 40 mila ragazzini che lavorano a 2 dollari per 12 ore al giorno), che invece dovrebbero essere a scuola. Morti e feriti sono comuni, per non parlare dell’esposizione ai metalli, che fa insorgere problemi respiratori e, potenzialmente, porta alla nascita di bambini malformati. GUARDATE IL VIDEO E GIUDICATE VOI STESSI:

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