Prendere spesso antinfiammatori. Troppi fanno male al cuore

Secondo una nuova ricerca pubblicata sul British Medical Journal, un uso massiccio farmaci antinfiammatori sarebbe collegato a un maggior rischio di ricoveri per scompenso cardiaco. Milioni di italiani li prendono contro mal di testa, artrite e dolori in genere. Ma non tutti sanno che se assunti in dosi elevate possono fare male al cuore. Stiamo parlando dei cosiddetti Fans, Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei. “Appartengono a questa famiglia ibuprrfene, diclofenac, indometacina, ketorolac, naproxene, nimesulide, piroxicam”.

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Prendere spesso antinfiammatori. Troppi fanno male al cuore

Lo studio coordinato da Giovanni Corrao, docente di Statistica medica all’Università di Milano-Bicocca, ha analizzato più 92.163 ricoveri ospedalieri in 4 Paesi europei: Italia, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito. I dati sono stati confrontati con 8.246.403 controlli rispetto all’uso di 27 Fans, di cui 23 tradizionali e 4 di formula più recente, quella degli inibitori della Cox-2 (l’enzima cicloossigenasi-2). I risultati evidenziano soprattutto un legame tra dose e risposa: lo scompenso cardiaco sarebbe strettamente correlato ad alti dosaggi.

Ogni analgesico è associato a un rischio diverso che cambia a seconda del dosaggio. In particolare è stato evidenziato il rischio cuore per sette Fans tradizionali (diclofenac, ibuprofene, indometacina, ketorolac, naproxene, nimesulide, piroxicam) e due COX2 inibitori (toricoxib e rofecoxib). Ma il rischio variava dal 16% per il naprossene all’83% per il kertolac. Ma non tutti gli esperti sono concordi. Il quotidiano la Repubblica mette a confronto i pareri. Per il presidente della Società Italiana Cardiologi, Francesco Romeo “lo studio si basa su un approccio a mio avviso sbagliato perché si tratta di un’analisi statistica ma non prova l’esistenza di alcun nesso fisiopatologico. E’ vero che alcuni Fans e Coxib possono influire, per esempio, nel gioco tra prostaglandine e ciclossigenasi peggiorando il meccanismo di formazione della placca e la capacità di autoregolazione della vasodilatazione ma non per questo si può concludere che questa classe di farmaci provochi lo scompenso cardiaco”

Mentre Alberico Catalano, docente di Farmacologia all’Università Statale di Milano afferma che: “Ci sono diversi studi che collegano questi farmaci ad un aumentato rischio di problemi cardiaci e questo lavoro lo conferma ancora una volta.Trattandosi di uno studio di popolazione ha il vantaggio dei grandi numeri ma sono inevitabili alcuni errori che possono essere dovuti, per esempio, alla selezione dei pazienti. Tuttavia, le conclusioni sono chiare e riconfermano che esiste una forte relazione tra questi farmaci e lo scompenso cardiaco”. Anche se qualche eccezione esiste: “Nel celecoxib, per esempio, i ricercatori non hanno riscontrato un aumento dei ricoveri ospedalieri”.

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