Cambiare è possibile e possiamo farlo a qualsiasi età. Ma un cambiare autentico è un processo lento, che si consolida solo con l’esercizio di comportamenti, pensieri e gesti nuovi, molto diversi dai precedenti: è frutto di una scelta che, anche se può essere influenzata dall’esterno, deve essere presa in modo spontaneo ed è basato su valori e non su emozioni o sentimenti passeggeri.

«La motivazione al cambiamento dipende dalla capacità di accorgersi, fino in fondo, degli aspetti negativi della condizione in cui si è».

Cambiare è possibile, ma prima è importante capire cosa ci impedisce di farlo, conoscere le dinamiche che dominano la nostra mente è utile per poterle gestire al meglio. 

Accade spesso, infatti, che quando si desidera con grande forza il cambiare nella propria vita, inizino a spuntare nella mente dubbi e incertezze, che si rivelano capaci di impedire qualsiasi azione che potrebbe portare verso qualcosa di migliore: la paura del fallimento, per esempio, o quella del successo può esercitare una grande forza su di noi. 

La paura di cambiare

Il voler cambiare suscita delle resistenze perchè significa passare da una situazione nota ad un’altra situazione semi sconosciuta ed implica la rottura di uno schema, di un modo di essere e di funzionare, familiare e rassicurante, per passare ad uno nuovo ed estraneo.

La nostra mente è abitudinaria per natura e cambiare le costa energia e sforzo, quindi resiste più che può, mantenendo un equilibrio anche quando questo non è più funzionale al nostro benessere. Può sembrare un paradosso, ma la nostra mente tende ad abituarsi alla sofferenza e ci porta persino ad affezionarci ai nostri problemi.

“Il cambiamento non è mai doloroso.

Solo la resistenza al cambiamento lo è.”

Buddha

Superare la tendenza ad evitare per cambaire davvero

Quando agire spaventa e le insicurezze prendono il sopravvento, la prima soluzione che ci viene in mente è l’evitare situazioni nuove: accade spesso che si inizia con l’evitare qualsiasi situazione che metta a rischio la propria sicurezza psicologica e si finisce col rinchiudersi in una campana di vetro dove ci si sente al sicuro ma non si evolve.

Le paure, quando affrontate, diventano meno minacciose. Solo facendo esperienza, agendo e facendo errori si può imparare, crescere ed acquisire sicurezza in se stessi.

I tre “ingredienti” senza i quali il cambiare è impossibile

Valori ed obiettivi se vuoi davvero cambiare

Valori e obiettivi sono, per definizione, qualcosa a cui l’individuo attribuisce importanza, ma non sono sinonimi. Verso un valore si può solo tendere, un obiettivo è una meta raggiungibile. Una seria intenzione al cambiamento presuppone sempre, come tappe intermedie, obiettivi realizzabili e come direzione uno o più valori che possono essere, sì, incoraggiati, ma non indotti dall’esterno ma vanno “costruiti” in modo consapevole e deliberato.

L’ autocontrollo

Il secondo requisito consiste nella capacità di prevedere le conseguenze a lungo termine delle proprie azioni, di non reiterare le vecchie abitudini. In una parola, un cambiamento per compiersi richiede autocontrollo: è difficile che una persona sprovvista di un minimo di autocontrollo possa tenere a bada quella parte di sé che la spinge verso i soliti comportamenti.

La flessibilità comportamentale del cambiare

La capacità di adattare le azioni alle circostanze e alle esigenze ambientali, di astenersi dall’agire quando le condizioni esterne non lo consentono e di attivarsi, invece, quando ciò è possibile. 

Questa è una larga panoramica su cosa significa cambiare. Ma quali sono le parti che ci rendono le cose difficili? Vediamole insieme.

1. La parte attaccamento

È la parte più fanciullesca che abbiamo, sempre alla ricerca di complimenti, sorrisi, affetto e parole che possano rincuorarla. È quella che ha bisogno di conferme esterne quando deve prendere una decisione importante, ed è sempre desiderosa di consigli e approvazione. È quella che ci aiuta a richiamare l’aiuto e la vicinanza degli altri.

2. La parte sottomessa

È la parte più spaventata: ha una forte paura della solitudine, dell’idea di non farcela e della mancanza di affetti e farebbe di tutto pur di compiacere gli altri. Quando è fortemente attiva, può farti sentire completamente “sbagliato” e far emergere in te grande vergogna.

3. La parte fuga

Questa parte è in perenne fuga, appunto: fugge dall’intimità, dalle emozioni e dalle situazioni che possono innescare tensione. È spesso l’artefice della procrastinazione.

4. La parte congelamento

Tutte le parti sono emerse in un contesto di sviluppo inadeguato, fatto di omissioni e abusi. Quando questo contesto di sviluppo diviene estremamente drammatico, emerge una parte che per tollerare le esperienze dolorose si paralizza, congela ogni emozione.

5. La parte attacco

È indubbiamente la parte più “severa” di ognuno di noi. Si comporta come una parte tradita, perché di fatto si è generata in seguito a forti ingiustizie subite. È smaniosa di controllo e riscatto, ipervigile, estremamente giudicante e piena di rabbia.

6. La parte negazionista

È la più difficile da identificare. Questa parte nega e minimizza i torti e i danni subiti. Riesce ad anestetizzare il dolore e usa un meccanismo di difesa molto primitivo: la negazione. 

7. La parte idealizzante

È la parte che, al fine di salvaguardare il legame con l’altro importante, l’ha idealizzato mantenendone così un’immagine totalmente buona, in contrasto con i fatti effettivamente sperimentati nell’esperienza.

Una volta aperto lo spiraglio del cambiamento, essendo basato sull’esperienza e sull’emozione, si rafforza la consapevolezza personale della propria capacità di intervenire sulla realtà. Ci si sente più capaci. A questo punto non è contemplata la possibilità di tornare indietro.

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